la necessità di educare

Tutti noi abbiamo un’idea relativamente chiara di cosa significhi educare un figlio e del perché lo si debba fare. Educare significa preparare alla vita. Educare significa insegnare a comunicare e a relazionare efficacemente con gli altri, significa accrescere le facoltà intellettuali, significa insegnare il rispetto di quelle regole che stanno alla base di una sana e felice convivenza all’interno della nostra società.  E’ un lavoro molto lungo, articolato e complesso di cui troppo spesso viene sottovalutata l’importanza. Tanto è vero che nessuno ci prepara a questo difficile compito, nessuno ci insegna ad educare. Ma perché mai educare un cane? Da dove nasce questa necessità? Non chiediamo forse a questo animale di entrare a far parte del nostro mondo, di interagire con delle persone, di rispettare un insieme ridotto di quelle che sono le nostre regole sociali? La risposta è certamente affermativa se abbiamo deciso che il cane debba far parte integrante della nostra famiglia e non si limiti ad abbellire il nostro giardino. Ecco perché la sua educazione si fa una esigenza così pressante. Anche in questo caso non si tratta di un compito facilissimo. Le principali difficoltà vengono dal fatto che questo nostro “figlio” adottivo viene da un paese lontano con usi e costumi profondamente diversi e una lingua apparentemente incomprensibile. Praticamente un alieno. Ma siamo stati noi a volerlo a casa nostra e siamo quindi noi che dobbiamo trovare il modo di superare queste piccole grandi difficoltà e farci carico della sua educazione. E’ un nostro dovere e un suo diritto. Se ci sottraiamo a questo obbligo, molto probabilmente avremo un cane disadattato che dovremo in più situazioni confinare o legare e per il quale spesso ci sentiremo in imbarazzo e per il quale dovremo ripetutamente scusarci. La vita del cane è poi relativamente lunga e se abbiamo la sufficiente responsabilità per non abbandonarlo, educare diventa un reale investimento.

 

la motivazione
La motivazione è il presupposto fondamentale dell’educazione in generale e del nostro animale in particolare. Se non c’è l’interesse, la volontà di apprendere, non possiamo fare altro che costringere, ottenendo risultati nient’altro che mediocri. Ripenso ai tempi della scuola... quanto stress per strappare una sufficienza in certe materie. Dove invece l’interesse era alto, i risultati arrivavano con soddisfazione. Perdonate la banalità, ma a volte ci si dimentica quando si vestono i panni di chi insegna. Gli animali non fanno eccezione. Quando manca la loro partecipazione, quando manca una comune volontà a fare, l’insegnamento procede lentamente e in modo poco preciso. L'animale facilmente si distrae, volge lo sguardo altrove, è poco reattivo, spesso sordo alle nostre richieste. In queste condizioni l’addestramento diventa stressante per entrambi, addestratore e "addestrato". Può essere invece una esperienza stimolante, un gioco, un divertimento, se c’è la voglia di insegnare e quella di apprendere.

Ma come si crea e come si mantiene questo ideale rapporto? Quali sono i fattori che condizionano la motivazione?

 Ci sono delle naturali predisposizioni, ereditarie molto spesso, che rendono l'animale  più disponibile a lavorare e a collaborare con noi. Ma non sono variabili che possiamo controllare.

 Il metodo che utilizziamo, invece, incide fortemente sulla motivazione dell'animale. Se lo costringiamo a fare qualcosa per noi, induciamo passività, distacco. Non è questo che vogliamo. Dobbiamo preferire la strada della collaborazione. Dobbiamo imparare a premiare piuttosto che costringere, ignorare piuttosto che punire. La nostra naturale predisposizione ci porta spesso nella direzione opposta: reprimere tutto ciò che ci infastidisce e ignorare il resto. Il primo passo da fare è quindi di modificare questo  nostro atteggiamento. Nessun obbligo. Soprattutto una sfida mentale, questo è il clicker training. Rinunciamo a toccare o trattenere l'animale, rinunciamo anche al guinzaglio, se possiamo. Lavoriamo “disarmati”, nessuna pressione né fisica, né psicologica. Questo è soprattutto il clicker training.

 Lasciare libertà di scelta all'animale non significa rinunciare al controllo necessario per una adeguata educazione. Dobbiamo esser capaci di portare l'animale a scegliere spontaneamente quello che noi gli chiediamo. L'animale non deve, vuole. Se riusciamo a pensare in questa ottica, abbiamo costruito buone fondamenta.